La spesa di Roberto Todisco fotografia di Ernesto Fiorentino
date » 19-11-2018 17:12
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La spesa
di Roberto Todisco
Quella mattina Luca ebbe chiare due cose: la prima è che voleva uccidersi, la seconda che non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo da solo. Per qualche minuto, mentre dal letto ascoltava i vicini fare colazione oltre il ballatoio, questa consapevolezza lo rasserenò. Furono proprio i vicini a dargli l’idea per mettere in atto la sua risoluzione. La donna, una cinquantenne pallida che Luca chiamava Barbie Giorno dei Morti, si mise a dettare al marito la lista della spesa. Fu così che gli venne in mente il ragazzo di colore che aspettava all’ingresso del supermercato. Luca ricordò di averlo visto lì ogni giorno, appoggiato a una macchina. Sempre in silenzio, sempre sorridente.
Quella sera andò al supermercato, pochi minuti prima della chiusura. Il ragazzo era lì. Per rendere il suo piano più credibile si era fasciato una mano. Riempì il carrello meccanicamente. Arrivò alla cassa e iniziò a poggiare la spesa sul rullo. Mentre la cassiera faceva scorrere i suoi acquisti davanti a uno sguardo annoiato, contornato di eyeliner azzurro, Luca disse:
Il ragazzo lì porta la spesa a casa vero?
La cassiera si voltò.
Chi Gombà? Sembrava perplessa.
Luca alzò un poco il braccio con la mano fasciata. La cassiera inarcò le sopracciglia. Fece gesti per richiamare l’attenzione del ragazzo. Questi si mise il berretto che teneva in mano nella tasca di dietro dei pantaloni ed entrò nel supermercato. Luca lo guardò negli occhi, acquosi e arrossati. Il ragazzo sorrise, come sempre.
Arrivati a casa Luca gli chiese di poggiargli la spesa in cucina. Dentro il ragazzo sembrava a disagio, ma continuava a sorridere. Mentre adagiava con attenzione le borse, Luca sedette al tavolo, poi con un gesto invitò il ragazzo a fare altrettanto.
Devo andare. Disse Gombà.
Il supermercato a quest’ora è chiuso. Hai qualcuno a casa che ti aspetta forse? Chiese Luca. Fremeva, stupidamente non aveva calcolato un’eventualità del genere.
Il ragazzo fece segno di no con la testa.
Allora coraggio, accomodati. Ti offro la cena.
Il ragazzo si sedette, confuso. Ogni tanto provava a sorridere, ma più per darsi coraggio. Appena furono uno di fronte all’altro Luca tirò fuori dalla tasca un grosso mazzo di soldi e lo posò sul tavolo. Il ragazzo indietreggiò istintivamente, facendo fare alla sedia uno stridore fastidioso.
Troppi soldi. Balbettò.
Non sono per la spesa. Disse Luca. Sono diecimila euro e te li porti a casa, se fai un lavoro per me. Gombà continuava a scuotere la testa. Mi capisci vero? Poi da sotto al tavolo estrasse una pistola e la mise accanto alle banconote. Anche l’ultimo sorriso svanì dalle labbra del ragazzo. Non devi avere paura, provò a rassicurarlo Luca, non ho intenzione di farti del male. Anzi questo è il tuo giorno fortunato. Fai quello che ti dico di fare ed esci da quella porta con diecimila euro e la tua vita cambia da così a così.
Cosa tu vuoi? Chiese Gombà.
Mi devi sparare. Voglio che tu mi uccida. Poi esci da qui con i tuoi soldi e nessuno verrà mai a cercarti. Cambia città, fa quello che vuoi. Hai la possibilità di ripartire da capo. Fra la spesa che hai portato c’è una confezione di guanti di lattice, indossali prima di farlo.
Il ragazzo taceva, ma aveva un’espressione intensa.
Allora, siamo d’accordo? Chiese Luca. Dei due sembrava lui, ora, quello agitato.
Non ti importare vivere? Disse alla fine il ragazzo.
Luca si sentì di colpo esausto, non aveva nessuna voglia di discutere le ragioni della sua scelta.
Non devi preoccuparti di niente tu. Meno sai, meglio è. Tagliò corto, con voce roca.
Il ragazzo senza dire altro prese il portafogli dalla tasca, ne tirò fuori la fotografia di una giovane donna e la mise sul tavolo, fra la pistola e i soldi.
Facciamo patto diverso. Disse il ragazzo.
Luca era passato per quella strada tantissime volte, gettando sguardi di desiderio e ripulsa verso le ragazze che sedevano attorno ai fuochi. Nell’aria c’era odore di nafta e di pioggia. Gombà guidava la sua macchina. Si addentrarono per vicoli con cumuli di spazzatura ai bordi. Il ragazzo accostò e gli fece segno con gli occhi. Luca aprì il portadocumenti e tirò fuori la pistola. Qualche prostituta si avvicinò, ma alla vista dell’arma scapparono via. Solo una rimase. Luca riconobbe la ragazza della fotografia. La pelle nuda, scossa da un tremito, luccicava alla luce dei falò. Luca, sceso dalla macchina, sparò due colpi in aria. La ragazza infossò la testa nelle spalle. Piangeva. Luca la superò e passandole accanto le mormorò, Vai. Da una baracca di lamiera uscirono due uomini, pistole in pugno. Mentre alzava il braccio Luca vide con la coda dell’occhio la ragazza correre verso la macchina. La sentì partire. Luca sparò verso quegli uomini. Una, due, tre volte. Sentiva solo un fischio acuto nelle orecchie e la mano formicolargli. Vide quegli uomini cadere a terra. Sentì l’umido denso del sangue inondargli i vestiti. Provava solo un leggero bruciore, come se la pace gli entrasse dentro attraverso la pelle.