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LA ROMA DI PASOLINI IN BICICLETTA
di Roberto Cavallini
L’intento è di percorrere itinerari romani in bicicletta, ricercando i luoghi dove Pasolini ha vissuto dal 1950 ed ha ambientato le sue opere romane, per "ritrovare" la Roma che egli ci ha raccontato e descritto attraverso le sue poesie e i suoi romanzi e che ha scelto come ambientazione dei suoi film.
La bicicletta è un mezzo di trasporto che consente di affrontare percorsi cittadini con facilità, ma nel nostro caso la bicicletta è anche e soprattutto un medium visivo, perché spostandosi con silenziosa e moderata velocità si può immergere con una certa continuità nell’atmosfera pasoliniana dei luoghi, rispettando il principio di vicinanza, di continuità visiva.
Una città, Roma, dove vita vissuta, trasfigurazione letteraria e cinematografica, in Pasolini, non hanno conosciuto cesure, i luoghi che si incontreranno non saranno tutti quelli citati nelle opere letterarie o solo quelli visti nei film, ce ne sarà qualcuno in più e qualcuno in meno, perché quello che non si vuole fare è una conta dei luoghi, come fosse una raccolta di figurine, un mero depliant turistico. Quello che ci si propone di fare è cercare di comporre una visione che rimanga sospesa tra il presente davanti ai nostri occhi e l’immaginario di una città che è entrata da protagonista nella letteratura e nel cinema di Pasolini.

Il centro, le baracche, i fiumi nella Roma di Pasolini
Roma, come ogni altra città è fatta di case, di strade, di piazze, di monumenti ma una città non può ridursi alla sua toponomastica o ad un catalogo turistico, una città è un organismo vivente ed i suoi abitanti ne sono la linfa vitale. Pasolini, nelle le sue opere, ha scelto di raccontare gli abitanti delle borgate, delle shangai, delle baracche, quei sottoproletari come il Riccetto, Accattone, Mamma Roma, Stracci, Biancofiore, quasi nessuno appellato col nome di battesimo, ma quasi tutti col nome che la vita vissuta gli ha attribuito.
Per ritrovare quella Roma ci si sposterà in bicicletta, per immergerci in una città con occhi diversi e “misurare” la differenza tra quella periferia polverosa e abbacinante e come appaiono oggi quei luoghi, ormai non più ai margini della città, perché i margini si sono spostati lontano, ben oltre il GRA.
Ci si fermerà e si scenderà dalla bicicletta e si guarderà più attentamente e si incontreranno i nuovi abitanti che non sempre saranno i nipoti dei personaggi pasoliniani, spesso saranno donne, uomini e bambini venuti da molto lontano e probabilmente avranno la pelle di un altro colore. Roma è mutata, si è espansa ed è cambiata la collocazione e la valutazione relativa di quei luoghi rispetto alla struttura urbanistica degli anni ‘50 e non da ultimo, come ricordato sono cambiati i romani.
La Roma in cui ha vissuto Pasolini era strutturata urbanisticamente da un centro di potere, economico e culturale più o meno coincidente e a quello storico e monumentale con l’appendice della Roma umbertina e da una periferia costruita a macchia di leopardo, baracche, prati e palazzoni. Tutto ciò comportava una condizione di emarginazione dei suoi abitanti, tanto più esasperata, quanto più era distante la loro collocazione dal centro.
Nel libro “Roma da Capitale a periferia” del 1970, il sociologo Franco Ferrarotti individuava, fra le numerose altre cose, nella periferia esclusa della città centro, una funzione di servizio. Dalla periferia, dalle borgate provenivano manovalanza, manodopera edile, personale di servizio e quanto altro servisse alla città centro.
Nelle opere di Pasolini troviamo raccontata questa sorta di funzione di servizio. Ettore, il figlio di Mamma Roma sarà indirizzato a fare il cameriere a Trastevere, il fratello di Accattone a lavorare per un fabbro, etc. Ma è soprattutto per il mercato del sesso, dei ragazzi di vita e delle prostitute del Mandrione, che andavano a fare la vita anche a Caracalla, o vicino alla stazione Termini, o sotto il cavalcavia di Corso Francia ai piedi dei Parioli, che Pasolini pone l’accento su un elemento che non è solo mero fatto economico, è un legame profondo che unisce carni e animi. Uno dei luoghi dove il borgataro ed il borghese si incontrano, non è solo quello a riparo dei ruderi o negli sterrati dei cantieri delle nuove palazzine, è lungo gli argini dei fiumi, a Ponte Mammolo o lungo gli argini del Tevere sotto Castel Sant'Angelo dove c’era il barcone del "Ciriola" o a Testaccio sotto il Ponte di Ferro, vicino al Gazometro, quelli erano sia i luoghi dei bagni diurni, che quelli della perdizione notturna, delle sfide e della morte.

Oggi la situazione di Roma, è molto mutata ed una riflessione su di essa non può ridursi nella dicotomia tra centro e periferia.
Le zone “pasoliniane”, da aree periferiche, esterne anche kilometri dalla città, sono diventate tessuto urbano, le borgate sono state inglobate nella città senza essere per altro state rese omogenee ad essa, quelle le baracche non ci sono più, perché furono sanate della giunta del sindaco Petroselli; il sottoproletariato ed il borghese pasoliniani non esistono più, tanto che lo stesso Pasolini aveva già visto e previsto i mutamenti antropologico-culturali in atto negli anni sessanta.
Oggi bisogna rilevare, con amarezza e stupore, ma soprattutto con indignazione e compassione umana, che altri tipi di baracche sono sorte sotto i ponti, sul greto del Tevere, a ridosso dei parchi pubblici, negli interstizi nascosti a ridosso del "centro", baracche più precarie, più frantumate, più sporche di quelle di allora, dove è più probabile incontrare qualcosa che assomigli al cupo e disperato cinismo di Franco Citti e dove sarà molto più difficile, forse impossibile, ritrovare il sorriso di un novello Ninetto Davoli.

Roma, 09/06/21


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