Che ti Guardi di Manuela D'Aguanno - fotografia di Enrico Graziani
date » 19-11-2018 16:49
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CHE TI GUARDI
di Manuela D’Aguanno
Che ti guardi? Sembra dire lui mentre fa un altro tiro. Che ti fumi? Vorrei dirgli io.
Io che ho smesso da poco. Che fumavo cinquanta sigarette al giorno. Che ho detto basta alla schiavitù del tabacco.
Che ti fumi? Vorrei dirgli io. Io che mi arrampicherei con le unghie per rubargli anche solo un tiro. Che metterei la mano in tasca per tirare fuori 50 euro solo per avere il suo mozzicone. Da sturare.
Che ti guardi? Sembra chiedermi con quell’aria da adulto. E chi guarda? Io non guardo proprio niente. Vorrei rispondergli io. Io che da adulto in quel momento ho solo l’età, mentre guardo (eccome!) il culo di sua madre (sua madre?). Chiappe rotonde e sode, con un filo di cotone bianco in mezzo. Chiappe popolari. Che sanno di carne. Che se le stringi con le mani emergono in mezzo alle dita come fosse l’impasto del pane.
Io non guardo proprio niente. E’ lei che è uscita sul balcone mezza nuda. (Sua madre? E’ troppo per me chiedermi se non lo è). E sei mezzo nudo pure tu. Anzi, forse tutto nudo. Ragazzino. Perché sei piccolo e non esisti dalla cintola in giù. Ti si vedono le costole, ragazzino. Solo quelle. E la faccia da adulto. I capelli corti appena spettinati e la faccia da adulto. E le costole.
Ma quanto dura ‘sta sigaretta? Buttala, buttala ragazzino! Vorrei gridare io. E mi vedo strisciare lungo il bordo del marciapiede sporco per farmi una tirata. L’ultima. L’ultima della cicca. Come un drogato. E come un drogato prenderei a morsi il culo di sua madre. Come fosse lei l’ultimo tiro.
Cavallo rosso a dondolo la sua coda. Blu alla radice. Culo e capelli. Solo questo vedo di lei che invece si vede quasi tutta sul balcone. Ma io vedo solo coda rossa di cavallo a dondolo e chiappe rotonde.
Che ti guardi? E’ vero guardo. Guardo come un guardone. Inorridito. Ammaliato.
Sono troppo per me pure questi panni stesi. Disordinati. Violentati dal vento. Lenzuola bianche con fiori sbiaditi che sanno di quel culo. Hanno il sapore di quel culo.
E’ troppo anche il legno consumato della finestra. Il vetro rotto. L’inferriata arrugginita.
Che ti guardi? Che ti fumi? Vorrei dirgli. Che ti fumi ragazzino? Ragazzino con la faccia da adulto.
Ma ho paura. Inorridito. Ammaliato. E’ tutto troppo per me. Tutto troppo lercio e affascinante.
E’ l’attrazione verso il basso che non è forza di gravità.
Che ti guardi? Vorrei dirgli. Butta dal balcone il mozzicone che ancora fuma, il ragazzino. E guarda sopra la mia testa. Molto più sopra. Più lontano. Sopra i tetti. Dove non arrivo. Dove non posso arrivare. Dove non potrei arrivare neppure se stessi lì con loro.
Butta il mozzicone rosso di brace e si dimentica di me che non corro a prenderlo sul bordo del marciapiede sporco. Si dimentica di me che non mordo le chiappe di sua madre (sua madre?) che intanto è rientrata. Di spalle è rientrata. Coda di cavallo rosso a dondolo e chiappe.
Che ti guardi? Vorrei dirgli. Ma non posso. Non mi guarda più. Guarda sopra la mia testa. Lontano. Troppo lontano per me. Guarda oltre. Dove non posso arrivare.
E il balcone adesso è vuoto.